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Coxartrosi: come risolverla con la protesi anca mini invasiva

DiRedazione

Ott 4, 2020
coxartrosi

Con l’avanzare dell’età o per altre cause (sovrappeso e obesità, eventi post-traumatici, cattive posture, sforzi ripetuti) si rischia la compromissione della funzionalità delle anche. Il rischio più diffuso è la coxartrosi (artrosi all’anca), una patologia degenerativa.

L’usura e l’assottigliamento della cartilagine e l’alterazione della testa femorale portano a danni irreversibili dell’articolazione. Dolore, infiammazione, limitazione funzionale, rigidità articolare: sono queste le conseguenze più comuni dell’artrosi anca.

Nei casi più gravi, l’artrosi può provocare deformità, accorciamento della gamba, atrofia della coscia, necrosi dell’anca fino all‘invalidità.

Il rischio peggiore, per chi è colpito da artrosi, è la coxartrosi bilaterale che compromette entrambe le anche.

Il nostro focus, grazie alla preziosa collaborazione del dott. Michele Massaro, si concentra sulle cure e su quella che è ritenuta l’unica soluzione definitiva alla coxartrosi invalidante: la protesi anca mini invasiva.

 

Protesi anca per risolvere la coxartrosi invalidante e non solo 

In caso di coxartrosi lieve e non grave, lo specialista prescrive la terapia conservativa a base di farmaci antidolorifici, antinfiammatori, condroprotettori, corticosteroidi, infiltrazioni con acido ialuronico.

Col passare del tempo, quando il processo degenerativo avanza, la terapia conservativa potrebbe non sortire più gli effetti sperati. L’artrosi dell’anca degenera fino a diventare invalidante. In questo caso, è necessario valutare l’intervento chirurgico per l’impianto di una protesi anca mini invasiva.

Si tratta di una protesi tecnologicamente avanzata, ad ancoraggio biologico, più piccola di quella tradizionale che va a sostituire l’articolazione ripristinando la funzionalità articolare e riducendo/eliminando il dolore.

Durante l’intervento, cartilagine ed osso compromessi vengono rimossi e sostituiti con una protesi resistente, realizzata con materiali biocompatibili ed evoluti come il titanio.

La chirurgia mini invasiva non interviene soltanto sull’artrosi anca o ginocchio ma anche su altre patologie: conflitto femoro-acetabolare, artrite reumatoide e necrosi avascolare.

 

I vantaggi della tecnica mini invasiva

La tecnica chirurgica ‘meno invasiva’, come suggerisce il nome, presenta numerosi vantaggi.

Riduce tutto:

– dimensioni della protesi;

– incisione più contenuta (8 cm circa) e, di conseguenza, cicatrici meno evidenti;

– tempi di intervento, degenza, riabilitazione e recupero funzionale;

– trauma (gonfiore, dolore) dopo l’operazione;

– perdita ematica;

– disagio durante e dopo l’intervento;

– somministrazione di analgesici dopo l’intervento;

– attriti fra i componenti della testa femorale e dell’acetabolo;

– rischio di infezioni e lussazioni.

In compenso, ciò che aumenta è la durata della protesi: 20-25 anni, talvolta anche 30.

La chirurgia mini invasiva dimostra un profondo rispetto del corpo. Vengono preservati il più possibile muscoli, tessuti molli, massa ossea, tessuti sani e salvabili, risparmiando gran parte del collo femorale, strutture periarticolari, nervi, vari. I tessuti, durante l’intervento, non vengono sezionati ma divaricati con cura.

Mediamente, l’intervento dura da 40 a 60 minuti a seconda delle condizioni del paziente da operare. Si tratta di un intervento di sicuro successo nel 95% dei casi.

 

Femur First: la tecnica di precisione amica della postura

I migliori chirurghi ortopedici specializzati in mini invasiva adottano la tecnica Femur First (termine tradotto dall’inglese in ‘il femore, innanzitutto‘).

Questo metodo permette allo specialista di trasformarsi in un vero e proprio designer perché la tecnica di navigazione Femur First consente di lavorare con una precisione millimetrica e con la massima accuratezza in temini di orientamento delle componenti protesiche.

Lavorare con estrema precisione tra porzione femorale e acetabolare ha lo scopo di rendere la protesi anca mini invasiva ancora più anatomica.

Non si tratta soltanto di una questione estetica e funzionale: le due gambe, risultando identiche in termini di lunghezza, favoriranno una postura corretta.

L’altro vantaggio della tecnica Femur First è la possibilità di ridurre ulteriormente le dimensioni della protesi anca.

Il chirurgo prima interviene sul femore, poi sull’acetabolo: l’operazione è finalizzata a ridurre al massimo il rischio di usura e lussazione.

 

Protocollo Fast Track: tempi dimezzati

Il protocollo Fast Track è una vera e propria rivoluzione in termini di preparazione e tecnica nell’ambito della chirurgia mini invasiva.

Dimezza i tempi di ospedalizzazione (dai classici 7-8 giorni a soli 3-4 giorni), riabilitazione (7-10 giorni) e recupero generale (2-4 settimane) che consente al paziente di riprendere le normali attività quotidiane in tempi da record rispetto al passato.

A distanza di poche ore dall’intervento, il paziente è in grado di camminare (deambulazione autonoma assistita). L’articolazione viene mobilizzata (in modo passivo o attivo) allo scopo di riattivare immediatamente la muscolatura, riducendo così il dolore.

 

Protesi anca bilaterale simultanea: con la chirurgia mini invasiva si può

Il chirurgo ortopedico esperto in mini invasiva è in grado di eseguire simultaneamente l’intervento di protesi ad entrambe le anche.

L’artrosi che compromette entrambe le articolazioni del paziente non è poi così rara.

La chirurgia tradizionale interviene prima sull’anca più danneggiata e, dopo almeno 6 mesi, sull’altra anca. L’intervento tradizionale comporta un trauma maggiore ed una perdita ematica esagerata.

Sempre più pazienti richiedono la protesi anca mini invasiva bilaterale in contemporanea per minimizzare i tempi di intervento, riabilitazione e recupero, con risparmio di tempo e stress.

Può essere sottoposto ad intervento chirurgico mini invasivo per l’impianto di protesi bilaterale il paziente con i seguenti requisiti:

– in ottimo stato di salute (specie riguardo alle condizioni cardiologiche);

– giovane (50-55 anni al massimo);

– attivo;

– con coxartrosi bilaterale avanzata o colpito da necrosi alla testa del femore su entrambi i lati oppure con evidente zoppia;

– motivato e collaborativo;

– con alti livelli di emoglobina ed ematocrito.

Non tutti, quindi, possono risultare candidati a questo tipo di intervento.

 

Vantaggi della protesi anca bilaterale

La protesi anca bilaterale presenta diversi vantaggi:

– Maggior precisione della lunghezza degli arti, in fase di pianificazione (specie se si ricorre alla tecnica Femur First);

– Riduzione dell’impatto anestesiologico e del trauma;

– Tempi di ospedalizzazione, riabilitazione e recupero ridotti grazie al protocollo Fast Track, minori complicanze (come infezione o lussazione) rispetto a due interventi separati;

– Ripresa funzionale ottimizzata per entrambe le anche, senza sbilanciamenti, con possibilità di carico completo sugli arti operati. In sostanza, si evitano al paziente gli scompensi posturali che si andrebbero a creare in caso di un solo lato operato e l’altro ancora dolente e bloccato.